Pull-back

In matematica, con il termine pull-back, che tradotto letteralmente dall'inglese significa "tirare indietro", ci si riferisce ad un operatore lineare che, dati due spazi vettoriali V , W {\displaystyle {\mathcal {V,W}}} e un operatore lineare L : V W {\displaystyle {\mathcal {L}}\colon {\mathcal {V}}\to {\mathcal {W}}} , ad ogni tensore T T q p ( W ) {\displaystyle T\in \mathbf {T} _{q}^{p}({\mathcal {W}})} associa un tensore dello stesso tipo su V {\displaystyle {\mathcal {V}}} . Più in generale, questa operazione può essere fatta quando al posto di V , W {\displaystyle {\mathcal {V,W}}} si considerino due varietà lisce M , N {\displaystyle {\mathcal {M,N}}} qualsiasi, sostituendo all'operatore lineare L {\displaystyle {\mathcal {L}}} un'applicazione liscia Φ : M N {\displaystyle \Phi \colon {\mathcal {M}}\to {\mathcal {N}}} e al tensore T {\displaystyle T} un campo tensoriale liscio su N {\displaystyle {\mathcal {N}}} .

Nel definire questa operazione si procede per gradi, mostrando che per certi tipi di tensori (o campi tensoriali) all'applicazione lineare (o alla funzione Φ {\displaystyle \Phi } ) non è richiesto che sia un isomorfismo (o diffeomorfismo).

Esiste un operatore "duale" del pull-back che prende il nome di push-forward.

Esempi

Prima di proseguire la trattazione facciamo due esempi semplici che possano fare luce sul significato dell'operatore.

Siano M , N {\displaystyle {\mathcal {M,N}}} due varietà con dimensione arbitraria, anche diversa, Φ : M N {\displaystyle \Phi \colon {\mathcal {M}}\to {\mathcal {N}}} e f : N R {\displaystyle f\colon {\mathcal {N}}\to \mathbb {R} } . Il pull-back di f {\displaystyle f} tramite Φ {\displaystyle \Phi } che si denoterà Φ f : M R {\displaystyle \Phi ^{*}f\colon {\mathcal {M}}\to \mathbb {R} } risulterà essere semplicemente la composizione di funzioni:

f Φ = f ( Φ ) . {\displaystyle f\circ \Phi =f(\Phi ).}

Ora consideriamo due spazi vettoriali V , W {\displaystyle {\mathcal {V,W}}} con dimensione finita, non necessariamente uguale, e i rispettivi duali V , W {\displaystyle {\mathcal {V^{*},W^{*}}}} ; sia α W {\displaystyle \alpha \in {\mathcal {W}}^{*}} e L : V W , {\displaystyle {\mathcal {L}}\colon {\mathcal {V}}\to {\mathcal {W}},} allora il pull-back di α {\displaystyle \alpha } tramite L {\displaystyle {\mathcal {L}}} definito come L : W V , {\displaystyle {\mathcal {L}}^{*}\colon {\mathcal {W}}^{*}\to {\mathcal {V}}^{*},} cioè L α V {\displaystyle {\mathcal {L}}^{*}\alpha \in {\mathcal {V}}^{*}} e tale che per ogni v V {\displaystyle v\in {\mathcal {V}}} sia così definito:

v , L α := L v , α . {\displaystyle \langle v,{\mathcal {L}}^{*}\alpha \rangle :=\langle {\mathcal {L}}v,\alpha \rangle .}

L'operatore L {\displaystyle {\mathcal {L}}^{*}} prende anche il nome di aggiunto.

Quindi questi due esempi mostrano ciò che fa il pull-back, cioè "tira indietro" i due tensori ed inoltre abbiamo già studiato il caso in cui sia dato un campo tensoriale di tipo ( 0 , 0 ) {\displaystyle (0,0)} , cioè una funzione scalare, su una varietà e nel secondo caso un tensore di tipo ( 0 , 1 ) {\displaystyle (0,1)} su W {\displaystyle {\mathcal {W}}} .

Pull-back di tensori (0,p)

Per questo tipo di tensori si generalizza il discorso fatto sopra per i tensori di tipo ( 0 , 1 ) {\displaystyle (0,1)} ed anche in questo caso gli spazi vettoriali V , W {\displaystyle {\mathcal {V,W}}} potranno non avere la stessa dimensione e quindi L {\displaystyle {\mathcal {L}}} non essere invertibile. Consideriamo T T p 0 ( W ) , {\displaystyle T\in \mathbf {T} _{p}^{0}({\mathcal {W}}),} allora si definisce L T T p 0 ( V ) {\displaystyle {\mathcal {L}}^{*}T\in \mathbf {T} _{p}^{0}({\mathcal {V}})} in questo modo: dati v 1 , v 2 , , v p V {\displaystyle v_{1},v_{2},\cdots ,v_{p}\in {\mathcal {V}}} si ha

L T ( v 1 , v 2 , , v p ) := T ( L v 1 , L v 2 , , L v p ) . {\displaystyle {\mathcal {L}}^{*}T(v_{1},v_{2},\ldots ,v_{p}):=T({{\mathcal {L}}v_{1},{\mathcal {L}}v_{2},\ldots ,{\mathcal {L}}v_{p}}).}

L'idea alla base di questa definizione è quella di utilizzare la proprietà universale di linearizzazione; infatti se si considera l'applicazione multilineare così definita:

ϕ : W × W × × W p V {\displaystyle \phi \colon {\mathcal {W}}^{*}\times {\mathcal {W}}^{*}\times \cdots \times {\mathcal {W}}^{*}\to \otimes ^{p}{\mathcal {V}}^{*}}
ϕ ( β 1 , , β p ) = L β 1 L β p , {\displaystyle \phi (\beta ^{1},\dots ,\beta ^{p})={\mathcal {L}}^{*}\beta ^{1}\otimes \cdots \otimes {\mathcal {L}}^{*}\beta ^{p},}

con β i W , {\displaystyle \beta ^{i}\in {\mathcal {W}}^{*},} per i = 1 , , p , {\displaystyle i=1,\dots ,p,} , per la proprietà universale di linearizzazione questa definisce un'unica applicazione multilineare

p L : p W p V {\displaystyle \otimes ^{p}{\mathcal {L}}^{*}\colon \otimes ^{p}{\mathcal {W}}^{*}\to \otimes ^{p}{\mathcal {V}}^{*}}

tale che

p L ( β 1 β p ) = L β 1 L β p . {\displaystyle \otimes ^{p}{\mathcal {L}}^{*}(\beta ^{1}\otimes \cdots \otimes \beta ^{p})={\mathcal {L}}^{*}\beta ^{1}\otimes \cdots \otimes {\mathcal {L}}^{*}\beta ^{p}.}

Ora ricordando che ogni T T p 0 ( W ) {\displaystyle T\in \mathbf {T} _{p}^{0}({\mathcal {W}})} , data una base η i W , {\displaystyle \eta _{i}\in {\mathcal {W}}^{*},} per i = 1 , , p , {\displaystyle i=1,\dots ,p,} di W {\displaystyle {\mathcal {W}}^{*}} , ammette un'unica scrittura del tipo T i 1 , , i p η i 1 η i p {\displaystyle T^{i_{1},\dots ,i_{p}}\eta _{i_{1}}\otimes \cdots \otimes \eta _{i_{p}}} , dove abbiamo utilizzato la notazione di Einstein, per linearità si ha l'uguaglianza con la definizione iniziale.

Se ora si considerano due varietà lisce M , N {\displaystyle {\mathcal {M,N}}} con dimensione rispettivamente m {\displaystyle m} e n , {\displaystyle n,} un'applicazione Φ : M N {\displaystyle \Phi \colon {\mathcal {M}}\to {\mathcal {N}}} liscia e un campo tensoriale T T p 0 N {\displaystyle T\in \mathbf {T} _{p}^{0}{\mathcal {N}}} liscio, l'operazione di pull-back ci consente di "trasferire" il campo tensoriale su M {\displaystyle {\mathcal {M}}} .

Ogni applicazione Φ {\displaystyle \Phi } liscia tra varietà induce un'applicazione lineare, detta tangente e denotata T Φ : T M T N {\displaystyle T\Phi \colon T{\mathcal {M}}\to T{\mathcal {N}}} , tale che per ogni vettore appartenente allo spazio tangente di M {\displaystyle {\mathcal {M}}} , in un punto M {\displaystyle M} , fa corrispondere un vettore appartenente allo spazio tangente di N {\displaystyle {\mathcal {N}}} nel punto immagine Φ ( M ) {\displaystyle \Phi (M)} . Questa applicazione tangente coincide con lo jacobiano della funzione Φ {\displaystyle \Phi } .

Grazie questa osservazione è banale estendere il pull-back ai campi tensoriali, usando quanto già visto nel caso di campi vettoriali, lavorando puntualmente sulle fibre dei fibrati tensoriali. Infatti Φ T T p 0 M {\displaystyle \Phi ^{*}T\in \mathbf {T} _{p}^{0}{\mathcal {M}}} è così definito:

Φ T | M ( X 1 , , X p ) = T | Φ ( M ) ( T Φ X 1 , , T Φ X p ) , {\displaystyle \Phi ^{*}T|_{M}(X_{1},\ldots ,X_{p})=T|_{\Phi (M)}(T\Phi X_{1},\ldots ,T\Phi X_{p}),}

dove M {\displaystyle M} è un punto sulla varietà M {\displaystyle {\mathcal {M}}} e X 1 , , X p T M {\displaystyle X_{1},\ldots ,X_{p}\in T{\mathcal {M}}} .

Pull-back di tensori arbitrari

Come nella sezione precedente mostreremo il pull-back per spazi vettoriali e poi estenderemo il tutto alle varietà.

In questo caso si hanno due spazi vettoriali V , W {\displaystyle {\mathcal {V,W}}} con dimensione uguale, un isomorfismo L : V W {\displaystyle {\mathcal {L}}\colon {\mathcal {V}}\to {\mathcal {W}}} , e un tensore T T q p W {\displaystyle T\in \mathbf {T} _{q}^{p}{\mathcal {W}}} ; il pull-back, dati β 1 , , β p V {\displaystyle \beta ^{1},\ldots ,\beta ^{p}\in {\mathcal {V^{*}}}} e v 1 , , v q V {\displaystyle v_{1},\ldots ,v_{q}\in {\mathcal {V}}} , per definizione è

L T ( β 1 , , β p , v 1 , , v q ) = T ( L 1 β 1 , , L 1 β p , L v 1 , , L v q ) , {\displaystyle {\mathcal {L}}^{*}T(\beta ^{1},\ldots ,\beta ^{p},v_{1},\ldots ,v_{q})=T({\mathcal {L^{*}}}^{-1}\beta ^{1},\ldots ,{\mathcal {L^{*}}}^{-1}\beta ^{p},{\mathcal {L}}v_{1},\ldots ,{\mathcal {L}}v_{q}),}

dove L 1 {\displaystyle {\mathcal {L^{*}}}^{-1}} indica l'inverso dell'aggiunto che esiste perché L 1 = L 1 , {\displaystyle {\mathcal {L^{-1}}}^{*}={\mathcal {L^{*}}}^{-1},} infatti

L : W V , {\displaystyle {\mathcal {L^{*}}}\colon {\mathcal {W^{*}}}\to {\mathcal {V^{*}}},}
L 1 : V W . {\displaystyle {\mathcal {L^{*}}}^{-1}\colon {\mathcal {V^{*}}}\to {\mathcal {W^{*}}}.}

Quindi la definizione è ben posta e nel caso di tensori ( 0 , q ) {\displaystyle (0,q)} coincide con quella precedente.

Per le varietà si procede in maniera analoga a quanto fatto precedentemente, la differenza è che ora le due varieta M , N {\displaystyle {\mathcal {M,N}}} devono la stessa dimensione e la funzione Φ {\displaystyle \Phi } deve essere un diffeomorfismo; quindi dato un campo tensoriale qualunque su N {\displaystyle {\mathcal {N}}} , il suo pull-back risulta essere

Φ T | M ( α 1 , , α p , X 1 , , X q ) = T | Φ ( M ) ( T Φ 1 α 1 , , T Φ 1 α p , T Φ X 1 , , T Φ X q ) , {\displaystyle \Phi ^{*}T|_{M}(\alpha ^{1},\ldots ,\alpha ^{p},X_{1},\ldots ,X_{q})=T|_{\Phi (M)}(T\Phi ^{*-1}\alpha ^{1},\ldots ,T\Phi ^{*-1}\alpha ^{p},T\Phi X_{1},\ldots ,T\Phi X_{q}),}

dove T Φ {\displaystyle T\Phi } indica sempre l'applicazione tangente e α i T M X j T M {\displaystyle \alpha ^{i}\in T^{*}{\mathcal {M}}\quad X_{j}\in T{\mathcal {M}}} .

Esempio

Si consideri il pull-back di un campo vettoriale X T N {\displaystyle X\in T{\mathcal {N}}} ; da quanto detto risulta:

Φ X = T Φ 1 X M . {\displaystyle \Phi ^{*}X=T\Phi ^{-1}X\in {\mathcal {M}}.}

Sia ora γ : I R N {\displaystyle \gamma \colon I\in \mathbb {R} \to {\mathcal {N}}} tale che d γ d t = X , t I , {\displaystyle {\frac {d\gamma }{dt}}=X,\quad \forall t\in I,} e γ ( 0 ) = N 0 {\displaystyle \gamma (0)=N_{0}} , cioè la soluzione del problema di Cauchy su N {\displaystyle {\mathcal {N}}} con dato iniziale N 0 {\displaystyle N_{0}} .

Allora si ha che Φ 1 γ {\displaystyle \Phi ^{-1}\circ \gamma } è soluzione del problema di Cauchy su M {\displaystyle {\mathcal {M}}} con dato iniziale M 0 = Φ 1 ( N 0 ) {\displaystyle M_{0}=\Phi ^{-1}(N_{0})} del campo vettoriale Φ X {\displaystyle \Phi ^{*}X} . Quindi se ora si considera il flusso Ψ t X {\displaystyle \Psi _{t}^{X}} indotto dal campo vettoriale X {\displaystyle X} su N {\displaystyle {\mathcal {N}}} , il rispettivo flusso del campo vettoriale T Φ 1 X {\displaystyle T\Phi ^{-1}X} su M {\displaystyle {\mathcal {M}}} risulta essere Φ 1 Ψ t X Φ {\displaystyle \Phi ^{-1}\circ \Psi _{t}^{X}\circ \Phi } .

Espressione sulle basi del pull-back

Nelle sezioni precedenti si è presentato il pull-back in maniera astratta senza far ricorso a basi negli spazi vettoriali interessati o a coordinate sulle varietà perché i tensori, e il calcolo tensoriale, nascono come una struttura algebrica completamente intrinseca allo spazio dove vengono definiti, cioè indipendenti dalla scelta di basi.

In questa sezione si mostra invece qual è l'espressione del pull-back sulle basi. Siano e 1 , , e n V {\displaystyle e_{1},\dots ,e_{n}\in {\mathcal {V}}} e η 1 , , η n V {\displaystyle \eta ^{1},\dots ,\eta ^{n}\in {\mathcal {V}}^{*}} una base su V {\displaystyle {\mathcal {V}}} e la rispettiva base duale su V {\displaystyle {\mathcal {V}}^{*}} , e siano f 1 , , f n W {\displaystyle f_{1},\dots ,f_{n}\in {\mathcal {W}}} e φ 1 , , φ n W {\displaystyle \varphi ^{1},\dots ,\varphi ^{n}\in {\mathcal {W}}^{*}} una base su W {\displaystyle {\mathcal {W}}} e la duale su W {\displaystyle {\mathcal {W}}^{*}} . L'operatore L : V W {\displaystyle {\mathcal {L}}\colon {\mathcal {V}}\to {\mathcal {W}}} rispetto a queste basi ha rappresentazione

L e i = L i j f j , {\displaystyle {\mathcal {L}}e_{i}={\mathcal {L}}_{i}^{j}f_{j},}

con j {\displaystyle j} indice di riga e i {\displaystyle i} di colonna, si è utilizzata la notazione di Einstein (per tutta la sezione se ne farà uso). Di conseguenza L {\displaystyle {\mathcal {L}}^{*}} si rappresenta

L φ i = L j i η j {\displaystyle {\mathcal {L}}^{*}\varphi ^{i}={\mathcal {L}}_{j}^{i}\eta ^{j}}

in pratica risulta essere la trasposta. Quindi la componente ( L T ) j 1 j q i 1 i p {\displaystyle ({\mathcal {L}}^{*}T)_{j_{1}\cdots j_{q}}^{i_{1}\cdots i_{p}}} su tale base risulta

L T ( η i 1 , , η i q , e j 1 , , e j p , ) = T ( L r 1 1   i 1 φ r 1 , , L r p 1   i p φ r p , L j 1 s 1 f s 1 , , L j q s q f s q ) = L r 1 1   i 1 L r p 1   i p   T s 1 s q r 1 r p   L j 1 s 1 L j q s q , {\displaystyle {\mathcal {L}}^{*}T(\eta ^{i_{1}},\dots ,\eta ^{i_{q}},e_{j_{1}},\dots ,e_{j_{p}},)=T({\mathcal {L}}_{\quad r_{1}}^{-1\ i_{1}}\varphi ^{r_{1}},\dots ,{\mathcal {L}}_{\quad r_{p}}^{-1\ i_{p}}\varphi ^{r_{p}},{\mathcal {L}}_{j_{1}}^{s_{1}}f_{s_{1}},\dots ,{\mathcal {L}}_{j_{q}}^{s_{q}}f_{s_{q}})={\mathcal {L}}_{\quad r_{1}}^{-1\ i_{1}}\cdots {\mathcal {L}}_{\quad r_{p}}^{-1\ i_{p}}\ T_{s_{1}\cdots s_{q}}^{r_{1}\cdots r_{p}}\ {\mathcal {L}}_{j_{1}}^{s_{1}}\cdots {\mathcal {L}}_{j_{q}}^{s_{q}},}

dove T s 1 s q r 1 r p = T ( φ i 1 , , φ i p , f j 1 , , f j q ) . {\displaystyle T_{s_{1}\cdots s_{q}}^{r_{1}\cdots r_{p}}=T(\varphi ^{i_{1}},\dots ,\varphi ^{i_{p}},f_{j_{1}},\dots ,f_{j_{q}}).}

Notiamo che se W = V {\displaystyle {\mathcal {W}}={\mathcal {V}}} , allora L {\displaystyle {\mathcal {L}}} è l'applicazione del cambiamento di base e quindi il risultato ottenuto coincide con il comportamento dei tensori rispetto al cambio di base.

Composizione del pull-back

Sia data una terza varietà Q {\displaystyle Q} e un diffeomorfismo Ψ : N Q , {\displaystyle \Psi \colon {\mathcal {N}}\to {\mathcal {Q}},} allora il pull-back di un campo tensoriale T T q p Q {\displaystyle T\in \mathbf {T} _{q}^{p}Q} su M {\displaystyle {\mathcal {M}}} è il pull-back della composizione di funzioni Ψ Φ {\displaystyle \Psi \circ \Phi } che è un diffeomorfismo tra M {\displaystyle {\mathcal {M}}} e Q {\displaystyle {\mathcal {Q}}} e dato che l'applicazione tangente T ( Ψ Φ ) = T Ψ T Φ {\displaystyle T(\Psi \circ \Phi )=T\Psi \circ T\Phi } , si ha la seguente relazione:

( Ψ Φ ) T = Φ Ψ T . {\displaystyle (\Psi \circ \Phi )^{*}T=\Phi ^{*}\Psi ^{*}T.}

Da questa relazione, dato che il pull-back della funzione identità è l'identità, si ha:

Φ 1 = Φ 1 . {\displaystyle \Phi ^{-1*}=\Phi ^{*-1}.}

Pull-back commuta con la derivata esterna

Date due varietà M , N {\displaystyle {\mathcal {M,N}}} , una funzione liscia Φ : M N {\displaystyle \Phi \colon {\mathcal {M}}\to {\mathcal {N}}} , una q-forma θ {\displaystyle \theta } su M {\displaystyle {\mathcal {M}}} , si ha la seguente uguaglianza:

Φ d θ = d Φ θ , {\displaystyle \Phi ^{*}\mathbf {d} \theta =\mathbf {d} \Phi ^{*}\theta ,}

dove d {\displaystyle \mathbf {d} } indica la derivata esterna.

Si noti che è un'uguaglianza tra ( q + 1 ) {\displaystyle (q+1)} -forme su M {\displaystyle {\mathcal {M}}} , difatti questa relazione è verificata se è vera l'uguaglianza tra:

Φ d f = d Φ f , {\displaystyle \Phi ^{*}df=d\Phi ^{*}f,}

dove f {\displaystyle f} è una funzione scalare liscia su N {\displaystyle {\mathcal {N}}} (quindi può essere vista come una 0-forma su N {\displaystyle {\mathcal {N}}} ). Ma questa è immediata perché il pull-back di una funzione è semplicemente una composizione di funzioni; infatti:

Φ d f = d f T Φ = d ( f Φ ) . {\displaystyle \Phi ^{*}df=df\circ T\Phi =d(f\circ \Phi ).}

Da cui ricordando che la regola per la derivata esterna di una q {\displaystyle q} -forma Ω = ω i 1 i q d x i 1 d x i q {\displaystyle \Omega =\omega _{i_{1}\dots i_{q}}dx^{i_{1}}\wedge \cdots \wedge dx^{i_{q}}} è:

d Ω = ω i 1 i q x j d x j d x i 1 d x i q , {\displaystyle d\Omega ={\frac {\partial \omega _{i_{1}\dots i_{q}}}{\partial x^{j}}}dx^{j}\wedge dx^{i_{1}}\wedge \cdots \wedge dx^{i_{q}},}

con i 1 < i 2 < < i q , {\displaystyle i_{1}<i_{2}<\cdots <i_{q},} e ω : N R {\displaystyle \omega \colon {\mathcal {N}}\to \mathbb {R} } liscia e con somma sugli indici sottintesa (notazione di Einstein).

Pull-back e derivata di Lie

Tra pull-back e derivata di Lie, di un tensore T {\displaystyle T} lungo un campo vettoriale X {\displaystyle X} , vi è la seguente relazione:

L Φ X Φ T = Φ L X T . {\displaystyle {\mathcal {L}}_{\Phi ^{*}X}\Phi ^{*}T=\Phi ^{*}{\mathcal {L}}_{X}T.}

La verifica è immediata ricordando l'espressione della derivata di Lie come derivata temporale e dal fatto che Φ 1 {\displaystyle \Phi ^{*-1}} non dipende dal tempo; da cui:

L Φ X Φ T = d d t Φ Ψ t X Φ 1 Φ T = Φ d d t Ψ t X T = Φ L X T . {\displaystyle {\mathcal {L}}_{\Phi ^{*}X}\Phi ^{*}T={\frac {d}{dt}}\Phi ^{*}\Psi _{t}^{X*}\Phi ^{-1*}\Phi ^{*}T=\Phi ^{*}{\frac {d}{dt}}\Psi _{t}^{X*}T=\Phi ^{*}{\mathcal {L}}_{X}T.}

Bibliografia

  • Ralph Abraham and Jerrold E. Marsden, Foundations of Mechanics, (1978) Benjamin-Cummings, London ISBN 0-8053-0102-X See section 2.2.
  • David Bleecker, Gauge Theory and Variational Principles, (1981), Addison-Wesley Publishing, ISBN 0-201-10096-7. See Chapter 0.
  • Jurgen Jost, Riemannian Geometry and Geometric Analysis, (2002) Springer-Verlag, Berlin ISBN 3-540-42627-2 See section 1.6.
  • Kolář, I., Michor, P., and Slovák, J., Natural operations in differential geometry, Springer-Verlag, 1993. Extensive discussion of Lie brackets, and the general theory of Lie derivatives.
  • Lang, S., Differential and Riemannian manifolds, Springer-Verlag, 1995, ISBN 978-0-387-94338-1. For generalizations to infinite dimensions.
  • Lang, S., Fundamentals of Differential Geometry, Springer-Verlag, 1999, ISBN 978-0-387-98593-0. For generalizations to infinite dimensions.

Voci correlate

  Portale Matematica: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di matematica