Lingua proto-anatolica

Protoanatolico
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Manuale

La lingua proto-anatolica è l'ipotetica protolingua da cui discendono le lingue anatoliche. Il linguista Craig Melchert ha stimato che il proto-anatolico abbia cominciato a differenziarsi tra il 3000 a.C. ca. e il 2500 a.C ca.

Caratteristiche linguistiche

Fonologia

Come molte altre protolingue, non esistono attestazioni scritte del proto-anatolico, pertanto questa lingua può essere soltanto ricostruita applicando il metodo comparativo. La lingua anatolica meglio attestata è sicuramente l'ittita, per la quale, però, si utilizzava la scrittura cuneiforme, che causa alcuni problemi nella comprensione e nella ricostruzione della fonologia ittita, sia a causa delle carenze del sillabario cuneiforme accadico adottato per rappresentare i fonemi ittiti sia a causa delle pratiche scrittorie adottate dagli scribi ittiti. Un tratto caratteristico che emerge è quella che sembra essere una confusione tra le occlusive dentali sorde e sonore, dato che i segni -dV- e -tV- sono impiegati in modo intercambiabile in diverse attestazioni della stessa parola;[1] inoltre, nelle sillabe con struttura VC, si usano solitamente solo i segni con occlusive sorde. La distribuzione dell'ortografia con consonanti singole e geminate nelle iscrizioni più antiche indica che quelle che erano occlusive sorde nel proto-indoeuropee erano scritte come doppie consonanti, mentre le occlusive sonore della lingua proto-indoeuropea erano scritte come consonanti singole. Questa regolarità appare più consistente nel caso delle consonanti dentali delle attestazioni più antiche;[1] viceversa, le iscrizioni successive mostrano spesso variazioni irregolari.

Vocali

Si suppone che la lingua proto-anatolica avesse conservato il sistema vocale proto-indoeuropeo sostanzialmente intatto. Melchert ha sostenuto che le vocali brevi fossero: */i/, */u/, */e/, */o/ e */a/, mentre tra le vocali lunghe, */eː/ < PIE *ē si distingue da */æː/ < PIE *eh₁, con quest'ultima che diventa ā in luvio, lidio e licio.[2] Lo stesso studioso aveva precedentemente ipotizzato un contrasto tra una vocale anteriore media più vicina */eː/ < PIE *ey (in tardo ittita ī ) e una più aperta */ɛː/ < PIE *ē (in tardo ittita ē ), ma gli esempi sono pochi e possono essere spiegati diversamente.[3][4] Lo status dell'opposizione tra vocali lunghe e corte non è del tutto chiaro, poiché la scrittura ittita varia in un modo che rende molto difficile stabilire se le vocali fossero intrinsecamente lunghe o breve. Infatti, anche se i testi più antichi sono apparentemente più conservativi e coerenti nella notazione, ci sono variazioni significative nella lunghezza delle vocali in diverse forme dello stesso lessema.[5] Pertanto, è stata formulata l'ipotesi che la cosiddetta scriptio plena non rappresenti vocali lunghe, ma piuttosto vocali accentate, riflettendo la posizione dell'accento libero proto-indoeuropeo,[6] ma a questa lettura è stata contrapposta l'ipotesi che la sola funzione della scriptio plena fosse quella di indicare la quantità delle vocali. Secondo questa ipotesi i contrasti ittiti a/ā erediterebbero il contrasto difonemico proto-anatolico, */ā/ che discenderebbe dal proto-indoeuropeo */o/, */a/ e */ā/, e il proto-anatolico */a/ che discenderebbe dal proto-indoeuropeo */a/, quindi l'allungamento delle vocali brevi accentate in sillabe aperte e in sillabe chiuse accentate non potrebbe essere proto-anatolico.[7] Secondo alcuni studi la fusione delle vocali proto-indoeuropee */o/ e */a/ (inclusi i suoni provenienti da *h₂e) era presente nel proto-anatolico,[1] ma questa ipotesi è stata criticata osservando come questa fusione sia un'innovazione secondaria condivisa dall'ittita, dal palaico e dal luvio, ma dal licio.[8]

Consonanti

Uno dei tratti fonologici più caratteristici comuni a tutte le lingue anatoliche è la lenizione delle consonanti sorde proto-indoeuropee (comprese la sibilante *s e la laringale *ḫ) tra sillabe atona e successive vocali lunghe. Le due possono essere considerate insieme come una regola di lenizione tra more atone, se le vocali lunghe vengono analizzate come una sequenza di due vocali.[9] Tutte le occlusive sonore iniziali nelle lingue anatoliche alla fine si fondono con le occlusive semplici atone. Il luvio, tuttavia, mostra un trattamento diverso dell'occlusiva velare sonora *g- e dell'occlusiva velare sorda *k- (essendo *g in posizione iniziale palatalizzata in */j/, cadendo del tutto davanti a /i/), dimostrando che questo tratto è una sviluppo tardo.[3]

Il proto-anatolico sarebbe l'unica lingua indoeuropea ad aver conservare direttamente le consonanti laringali. Nelle trascrizioni delle lingue anatoliche scritte in cuneiforme, la lettera ‹ḫ› (proto-anatolico *h) rappresenta un suono risalente alla laringale *h₂ e, probabilmente, anche alla laringale *h₃.[10] Infatti, le sequenze *h₂w e *h₃w si sono trasformate nella laringale labializzata *ḫʷ.[9]

L'occlusiva aspirata sonora, invece, ha perso nel tempo l'aspirazione e si è fusa con l'occlusiva sonora semplice. Le liquide e le nasali sono state ereditate intatte dal proto-indoeuropeo, così come la semivocale *w. Una possibile spiegazione del fatto che nessuna parola nativa proto-anatolica cominci per *r- è questa caratteristica sia sia evoluta specificamente nelle lingue anatoliche.[10]

La teoria più accreditata è che il proto-anatolico abbia preservato la distinzione delle consonanti velari in tre parti tipica del proto-indoeuropeo, ponendosi al di fuori dell'isoglossa centum-satem.[10] Tuttavia, Melchert ha supportato l'idea che le lingue anatoliche fossero un ramo delle lingue centum.[11]

Morfologia

Secondo Fortson, il proto-anatolico aveva due coniugazioni verbali: mi e ḫi. La prima era chiaramente derivata dal presente proto-indoeuropeo, mentre la seconda dal perfetto proto-indoeuropeo. Una spiegazione è che il proto-anatolico trasformò il perfetto in un presente per un certo gruppo di verbi, mentre di recente è stato proposto che i verbi della seconda coniugazione continuassero una classe speciale di presenti che aveva una relazione complicata con il perfetto proto-indoeuropeo.[12]

Note

  1. ^ a b c Luraghi 1998, p. 174
  2. ^ Melchert 2015, p. 10
  3. ^ a b Melchert 2015, p. 9
  4. ^ Melchert 1994
  5. ^ Luraghi 1998, p. 192
  6. ^ Carruba 1981
  7. ^ Melchert 1994, p. 76
  8. ^ Melchert 1993, p. 244
  9. ^ a b Melchert 2015, p. 7
  10. ^ a b c Fortson 2009, p. 172
  11. ^ Melchert 2015, p. 15
  12. ^ Fortson 2009, p. 173

Bibliografia

  • (EN) Benjamin W. Fortson, Indo-European language and culture: an introduction, 2.ª ed., Oxford, Wiley-Blackwell, 2009, pp. 170–199, ISBN 978-1-4051-8896-8.
  • (EN) Silvia Luraghi, The Anatolian languages, in Anna Giacalone Ramat (a cura di), The Indo-European Languages, London and New York, Routledge, 1998, ISBN 978-0-415-06449-1.
  • (EN) Craig Melchert, PIE velars in Luvian (PDF), in Studies in Memory of Warren Cowgill, 1987, 182–204.
  • (EN) Craig Melchert, Historical Phonology of Anatolian (PDF), in Journal of Indo-European Studies, 21, 1993, 237–257.
  • (EN) Craig Melchert, Anatolian Historical Phonology, Rodopi, 1994, ISBN 978-90-5183-697-4.
  • (EN) Craig Melchert, Hittite Historical Phonology after 100 Years (and after 20 years) (PDF), in Hrozny and Hittite: The First Hundred Years, 2015.
  • (EN) Craig Melchert, The Position of Anatolian (PDF), su linguistics.ucla.edu, UCLA College of Letters and Science, University of California, 1–78.
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